Lo statuto di Vallisnera è un patto bilaterale, redatto il 4 maggio 1207 e stipulato tra i conti Niccolò e Zibello, condomini, e i rappresentanti di tutte le comunità a loro soggette, ognuna delle quali doveva in seguito scegliersi un console, mentre i signori prendevano il titolo di podestà.
E' la testimonianza di un modo di governare nuovo per quei tempi, improntato ad uno spirito di equità e giustizia, giusto anche se si prendono in esame le pene per itrasgressori, che allora, in altre zone, erano molto più dure.
Vi si tiene conto delle esigenze popolari, in un'epoca in cui i signori avevano ovunque potere di vita e di morte e i sudditi potevano solo "obbedire, pagare e servire."
Le prestazioni personali, le corvées e le "ancherie", nelle altre signorie erano pesanti e umilianti, mentre nel feudo dei Vallisneri le richieste non erano eccessive: la segatura delle "prade", il legnatico (diritto riconosciuto anche a tutti gli altri), l'omaggio degli orsi e cinghiali presi dai cacciatori e una quantità annuale di frumento per famiglia, diversa a secondo dei beni che si possedevano.
Tutti gli uomini sono liberi e hanno piccoli appez­zamenti di terreno, mentre tutt'intorno la maggior parte degli uomini erano "servi" e "manenti".
I paesi, detti Comuni, hanno una certa autonomia giuridica ed amministrativa ed eleggono i propri ufficiali (consoli, massari, campari ecc.).
Solo il podestà è nominato dal signore, ma deve giurare di giudicare secondo giustizia, senza favoritismi e senza che gli uomini siano "stratiati aut maltrattati".
Il testo dello Statuto, ritrovato da Ferdinando Laghi in un manoscritto tra le carte dell'archivio della Madonna della Ghiara, è un'antica traduzione senza data, pubblicata nel 1927. Precedentemente Giuseppe Micheli, autore del libro "La valle dei Cavalieri", ne aveva ritrovato solo un breve frammento inserito nelle "Notizie storiche" della famiglia Vallisneri, possedute dalla Biblioteca di Reggio.
Micheli pensava che tale Statuto fosse in vigore anche nella Valle dei Cavalieri, cioè nel ramisetano, dato che i Vallisneri per qualche tempo ebbero signoria anche su quelle terre e un ramo della famiglia rimase feudataria di Nigone fino al 1796, quando durante la Repubblica Cispadana Gerolamo Vallisneri fu trasformato da conte in cittadino, senza che per questo se la prendesse troppo.
Indubbiamente ap­parteneva ad una stirpe che sapeva accettare quello che la storia imponeva! In un saggio di Monsignor Francesco Milani, grande studioso della storia della nostra montagna, abbiamo letto che l'ultimo conte si è guadagnato la vita facendo il cantoniere sulla via a tornanti della Sparavalle!
La famiglia era decaduta da tempo, tanto che un antenato aveva scritto al duca di Modena di non possedere altro che la salute, l'abito che indossava e la grazia di Dio.
Tornando all'ipotesi di Micheli, è contrastata da Laghi, secondo il quale lo Statuto era destinato solamente alla corte di Vallisnera e alle terre che ne dipendevano.
Quello comunque che è certo è che questo documento è estremamente interessante, perché ci mostra come si viveva sulla nostra montagna in un'epoca così lontana da noi.
Un'altra cosa interessante: il documento fu scritto in volgare e non in latino e questo molto tempo prima di Dante, considerato a buona ragione il padre della lingua italiana.
Abbiamo letto con attenzione questo prezioso libretto diviso in 80 piccoli capitoli normativi, che ci hanno permesso di penetrare in un mondo così lontano dal nostro da sembrare appartenente al regno della fantasia. Qui di seguito vi proponiamo alcune delle norme che ci sono sembrate più interessanti o comunque più signifi­cative.
Viene premesso che si tratta non del testo originale, ma di una "Coppia estratta fedelmente de verbo ad verba da altra Copia di Mano propria del fu ser Donato Vallisneri da Vallisnera. L'originale del quale non si sa dove si ritrovino...", come troviamo scritto nella prefazione. Questo è anche un saggio dell' italiano che ci siamo trovati di fronte, che abbiamo letto con fatica e nello stesso tempo con interesse.
Lo statuto vero e proprio inizia con queste parole: " IN CHRISTI nomine Amen. Anno Circumcisionis Mille dosente sette il quarto giorno di Maggio". Scopriamo più avanti che era un martedì.
Lo statuto inizia con una invocazione a Dio, alla Vergine Maria, a "tutta la corte del cielo" e in particolare a San Pietro Apostolo Patrono del paese; c'è poi una esaltazione della nobiltà e dell'onore dei nobili residenti e un invito alla pace per tutti gli uomini e un auspicio di buon governo.
La sede della riunione è la chiesa di San Pietro.
Segue l'elenco degli uomini presenti con le relative località di provenienza: "Valisnera, Fontana, Cereto, Levaio, Colagna, Nosmoza, Aquabona".

Il primo capitolo parla della elezione e del giuramento del podestà e ne seguono altri relativi alla nomina e alle competenze dei consoli, dei campari, dei soprastanti alle vettovaglie. Riportiamo qui l'analisi che abbiamo fatto di alcune norme, scegliendole tra quelle che per qualche motivo hanno colpito maggiormente la nostra fantasia.

 Cap. 2: Proibiscono ai "Tavernari o Hosti" di permettere giochi vietati e di dare asilo a "alcuno bandito di detta corte, nè latroni, nè persona quale sappiano essere di cativa fama, aut opera infamatta". La pena per chi trasgredisce è fissata in soldi otto.

Spesso è ripetuto il divieto per il gioco d'azzardo, unito in un capitolo alla proibizione di praticare l'usura: itempi cambiano, ma i vizi degli uomini restano sempre gli stessi!

Cap. 20 : Si proibisce ai "Beccari" o macellai di "infiare" la carne o di vendere "carne inferme".

Cap. 24: Ribadisce il divieto al gioco d'azzardo o con dadi falsi e carte false (multa 40 soldi). Questa multa viene raddoppiata se si gioca "nelle fortezze aut cimiteri di chiese". È lecito però giocare per tutto il primo giorno di gennaio nelle piazze.

Cap. 25: Stabilisce che ogni persona, residente o forestiera, non debba essere vassallo di nessuno, se non dei nobili regnanti.

Cap. 28: Orsi, cinghiali e animali selvatici dovranno essere consegnati ai signori, così come si dovrà dar loro "le bestie bovine" morte per caduta o a causa dei lupi e degli orsi (Cap. 29)

Di cinghiali oggi ne abbiamo un'invasione, ma gli orsi sono scomparsi da tempo. Eppure il ricordo è rimasto in un detto popolare, infatti di una cosa difficile da farsi diciamo che è "come portare un orso a Modena": evidentemente anche il duca d'Este voleva per sé gli orsi della nostra montagna e portarglieli era un'impresa non da poco.

Cap. 40: Tutti gli uomini in grado di portare le armi, dai sedici ai sessant'anni, devono presentarsi al castello quando sentiranno "sonare la Campana alla stremida ... nel tempo dubio e pericoloso,... al tempo di guerra" e per sedare liti e sommosse in tempo di pace.

Cap. 49: Stabilisce che tutti i giorni sono lavorativi, ad eccezione delle do­meniche, della Circoncisione di Gesù e altri giorni prefissati, oltre ai giorni dedicati ai santi patroni di Vallisnera. Festa anche per il giovedì grasso ("giobba grassa") e "Gli dui dì di Carnevale". Tutti i giorni però bisogna andare alle "Letanie".

Cap. 62: Colui che commette omicidio è "punito della testa per tal modo che mori e l'anima si se parti dal corpo" e tutti i suoi beni saranno confiscati.
C'è poi un lungo elenco delle pene pecuniarie previste per ogni tipo di offesa e di percosse, diverse a seconda della loro gravità e delle parti del corpo ferite; importante è anche se il corpo è "magagnato o rotto senza sangue" o se c'è spargimento di sangue, il che è considerato più grave (Cap. 63).

 Cap. 64: Chi bestemmia Dio, la Trinità, la Vergine Maria dovrà pagare una multa salata, un po' minore se la bestemmia è rivolta agli Apostoli e ai santi. La pena è raddoppiata se l'insulto viene effettuato davanti al Signore o al Podestà.

Cap. 65: Sancisce pene per chi usa parole di ingiuria contro altri.
Le offese peggiori? "Tu menti per la gola; traditore; ladro; beccho; falsario".

Cap. 76: Chi giurerà il falso "sarà condenato a perdere la man dritta" e la credibilità per sempre.

Cap. 77: Stabilisce che chi ruba "debbia essere apiccato per la golla per modo chel mora e l'anima si parte dal corpo" e che i suoi beni siano confiscati, dopo il risarcimento a chi ha subito il furto.

 
BIBLIOGRAFIA

"Insediamenti storici e beni culturali dell'Appennino Reggiano" a cura di W. Baricchi

Quaderni de "La Provincia di RE": "Lo statuto di Vallisnera" di Ferdinando Laghi.
Ist. Editoriale Librario Italiano - 1927

"Collagna" - Ricordo dell'ordinazione sacerdotale di Don Augusto Gambarelli -1976

Dal "Librogiornale di Collagna" a cura di Alfredo Gianolio - 1982:

• "Feudo di Vallisnera"

• "Giurisdizione civica di Collagna e frazioni del passato" Mons. Francesco Milani

• "Il feudo antico di Vallisnera-Valbona dei Vallisneri (fino al 1796)" Mons.Milani

• "Informato a spirito moderno il codice montanaro del 1207" di F. Laghi

NASSETA

Dal "Librogiornale di Collagna (op. cit.): "Questa la storia del Livello di Nasseta"

Marco Fornaciari Chittoni :

• "Nasseta nei secoli" Tutto Montagna n. 46 - nov. 1997

• "Il livello di Nasseta" La Libertà - 25 maggio 1996

• "Esiti eccellenti nel Livello di Nasseta" - La Libertà - 25 giugno 1996

Rosa Maria Manari - Nasseta e le tracce di una comunità" Reggio Storia n.64/65 dicembre 1994

Ministero Agricoltura e Foreste - Comunità Montana Dell' Appennino Reggiano: "Ricerche relative all'individuazione di tecniche colturali finalizzate alle attività di esbosco - Progetto realizzato nel complesso forestale del "Livello di Nasseta" (RE)

L. Bonilauri - "La diffusione dell'azienda curtense nel territorio reggiano nei sec. VIII - IX - X "Bollettino Storico Reggiano - n. 36

Incontri con:

Monsignor Mario lotti - Dr.ssa Rosa Maria Manari - Sig. Ivano Zambonini

Per entrambe le ricerche: "Alto Appennino Reggiano" - Cassa di Risparmio di Reggio Emilia